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Sentenze

21 Ottobre 2025 – Revoca delle dimissioni del lavoratore durante il periodo di prova

Revoca delle dimissioni del lavoratore durante il periodo di prova

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 24991 del 11 settembre 2025, ha stabilito che il lavoratore può legittimamente revocare entro sette giorni le dimissioni rassegnate durante il periodo di prova, ripristinando in tal modo il rapporto di lavoro.

Nel caso esaminato dalla Corte il lavoratore, assunto in data 4 settembre 2019, dopo appena un giorno dall’inizio del periodo di prova aveva rassegnato le proprie dimissioni, salvo poi ripensarci e provvedere in data 12 settembre 2019 a revocarle.

Al fine di comprendere la portata della decisione della Corte di Cassazione va ricordato che, ai sensi dell’art. 26, D.Lgs. n. 151/2015 la validità delle dimissioni è subordinata alla presentazione in forma telematica, utilizzando i moduli resi disponibili dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; ciò al fine di garantire la genuinità della volontà del lavoratore e arginare il fenomeno delle cd. dimissioni in bianco. Proprio a tal fine l’art. 26 prevede anche la facoltà del lavoratore di revocare entro sette giorni, con le medesime modalità, le dimissioni già rassegnate.

L’art. 26, D.Lgs. n. 151/2015 espressamente esclude dal proprio ambito di applicazione le ipotesi di cui all’art. 55, c. 4, D.Lgs. 151/2001, il lavoro domestico, le dimissioni intervenute in seda protetta (di cui all’art. 2113, c. 4, c.c.) o avanti alle commissioni di certificazione (di cui all’art. 76, D.Lgs. n. 276/2003) e i rapporti di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, c. 2, D.Lgs. n. 165/2001.

Nulla è stato previsto dal legislatore in merito al recesso esercitato dal lavoratore durante il periodo di prova. Nel silenzio della legge, quindi, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con Circolare n. 12 del 4 marzo 2016 ha ritenuto escluse dalla procedura telematica prevista dall’art. 26, D.Lgs. n. 151/2015 le dimissioni rassegnate dal lavoratore durante il periodo di prova.

Tale interpretazione è stata disattesa dalla Corte di Cassazione che, con la ordinanza in esame, si è espressa in senso opposto, affermando che la procedura telematica di revoca delle dimissioni nel termine di sette giorni trova applicazione anche al recesso esercitato dal lavoratore durante il periodo di prova.

Invero, secondo l’iter argomentativo della Corte di Cassazione, le eccezioni contemplate dall’art. 26, D.Lgs. n. 151/2015 hanno carattere tassativo e non consentono, di conseguenza, una estensione ad ipotesi non espressamente contemplate (quali il recesso esercitato durante il periodo di prova).

Inoltre, sempre secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione, le circolari ministeriali (quali la Circolare n. 12/2016) sono meri atti interni all’amministrazione che, come tali, orientano gli uffici al fine di uniformarne l’operato, ma che non hanno alcun potere di limitare i diritti dei cittadini e né tantomeno di vincolare l’interpretazione giudiziale.

Pertanto, tenuto conto che il recesso durante il periodo di prova non rientra tra le eccezioni alla disciplina generale di revoca delle dimissioni prevista dall’art. 26, D.Lgs. n. 151/2015 e posto che con la circolare è stata prevista una deroga non contemplata dalla norma di legge, la Corte di Cassazione, facendo proprie le argomentazioni già svolte dai Giudici di primo grado e della Corte d’Appello, ha confermato la legittimità della revoca delle dimissioni esercitata dal lavoratore.

Nel caso in esame, pertanto, il rapporto di lavoro è stato considerato come mai interrotto con conseguente obbligo del datore di lavoro di riammettere in servizio il lavoratore e consentirgli l’espletamento del periodo di prova: “A fronte di una revoca valida ed efficace, le dimissioni sono state considerate come mai avvenute. Il rapporto di lavoro non si è mai interrotto e, di conseguenza, deve essere ripristinato nella sua interezza, inclusa la fase di prova”.

La decisione della Corte di Cassazione solleva alcuni interrogativi.

In primo luogo, la decisione della Corte non considera che la procedura telematica prevista dall’art. 26 D.Lgs. n. 151/2015 riguarda unicamente l’istituto delle “dimissioni” (nonché le risoluzioni consensuali), laddove invece, l’art. 2096 c.c., che disciplina il periodo di prova, parla tecnicamente di “recesso”; si tratta di due istituti giuridicamente differenti, tant’è vero che il recesso esercitato durante il periodo di prova esclude qualsivoglia obbligo di preavviso o di corresponsione della indennità sostitutiva (previsto, invece, in caso di dimissioni).

In secondo luogo, va osservato che, in caso di recesso esercitato dal lavoratore durante il periodo di prova, l’opinione prevalente ritiene non obbligatoria la procedura telematica disciplinata dall’art. 26, D.Lgs. n. 151/2015. Tuttavia, nel momento in cui la Corte di Cassazione ritiene che il recesso possa essere revocato nel termine di sette giorni previsto dalla norma in esame, appare evidente come d’ora in avanti sia preferibile formalizzare il recesso sempre in modalità telematica, anche al fine di evitare che, in mancanza, questo possa essere considerato inefficace.

In terzo luogo, la Corte non tiene sufficientemente conto che durante il periodo di prova vige una ampia facoltà di recesso per entrambe le parti, non soggetta a vincoli di motivazione:Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso o d’indennità” (v. art. 2096, c. 3, c.c.). L’esigenza di contrastare eventuali abusi del datore di lavoro e arginare il fenomeno delle cd. dimissioni in bianco, cui sono finalizzate la procedura telematica e la facoltà di revoca nel termine di sette giorni, quindi, risulta notevolmente attenuta durante il periodo di prova, posto durante e/o al termine del periodo di prova (laddove questo sia stato espletato conformemente alla legge) il datore di lavoro è in ogni caso libero di terminare il rapporto di lavoro.