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Sentenze

21 Ottobre 2025 – L’obbligo di repêchage nelle mansioni inferiori: limiti e presupposti applicativi

L’obbligo di repêchage nelle mansioni inferiori: limiti e presupposti applicativi

Con la recente ordinanza n. 26035 del 2025 la Corte di cassazione si è nuovamente pronunciata sull’obbligo di repêchage, con particolare riferimento all’estensione di tale obbligo anche alle mansioni inferiori.

Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte ha confermato la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 650/2023 che aveva annullato il licenziamento intimato al lavoratore, non avendo il datore di lavoro valutato la possibilità di reimpiegare il dipendente, che svolgeva al momento del recesso mansioni riferibili all’area tecnico – amministrativa, nelle diverse ed inferiori mansioni di “addetto all’esercizio movimento”.

La Corte d’appello aveva ritenuto che tali mansioni, se pure inferiori per livello di inquadramento a quelle svolte dal lavoratore, fossero comunque compatibili con la sua professionalità in quanto il dipendente le aveva già svolte e non avrebbe necessitato, in caso di ricollocamento in quella posizione, di nessun tipo di formazione o requisito ulteriore.

Pronunciandosi sul ricorso proposto dalla società, la Corte di cassazione ha confermato la piena coerenza della decisione del Giudice d’appello con i consolidati principi giurisprudenziali in materia di repêchage.

In particolare, la Corte ha ribadito che l’obbligo di repêchage si estende anche alle mansioni del livello immediatamente inferiore, con il limite della compatibilità delle diverse mansioni con il bagaglio tecnico e formativo già acquisito del dipendente.

In tal senso, la Corte ha precisato che il repêchage non si estende a tutte le mansioni inferiori presenti nell’organigramma aziendale ma solo a quelle “che siano compatibili con le competenze professionali del lavoratore, ovvero quelle che siano state effettivamente già svolte, contestualmente o in precedenza, senza che sia previsto un obbligo del datore di lavoro di fornire un ulteriore o diversa formazione”

Ed infatti, ai fini del corretto adempimento dell’obbligo di repêchage, il datore di lavoro è tenuto a proporre al dipendente anche lo svolgimento di mansioni inferiori purché lo stesso, al momento del recesso, sia in grado di svolgerle sulla base delle competenze e delle professionalità già acquisite (cfr., in termini, Cass. n. 31520/2019; Cass. n. 17036/2024)

In tale prospettiva, la Corte di legittimità ha anche ribadito che l’obbligo di repêchage non può spingersi fino ad imporre al datore l’onere di formare il lavoratore per assegnargli diverse mansioni e salvaguardare il posto di lavoro (Cfr., ex multis, Cass. n. 10627/2024; Cass., n. 17036/2024).

Ciò poiché il repêchage non deve tradursi in un intervento straordinario sull’assetto organizzativo, imponendo al datore di lavoro un onere eccessivamente gravoso, poiché, diversamente, risulterebbe lesivo della libertà di iniziativa economica costituzionalmente tutelata.

La compatibilità delle mansioni inferiori con la professionalità del lavoratore è infatti il corollario di un più ampio principio, anch’esso affermato nella sentenza in commento, in forza del quale il ricollocamento nelle mansioni inferiori non può comportare “mutamenti dell’assetto organizzativo aziendale insindacabilmente stabilito dall’imprenditore ai sensi dell’art. 41 Cost.”.

Ciò premesso, pur inserendosi nel solco di principi già tracciati, nella pronuncia in esame la Suprema Corte ha efficacemente ricostruito la portata applicativa dell’obbligo di repêchage nelle mansioni inferiori, tracciandone i limiti ed i presupposti per cui il datore di lavoro ha l’onere di proporre il ricollocamento del dipendente anche nelle mansioni inferiori, esclusivamente quando ricorrano le seguenti condizioni:

  • che le mansioni inferiori disponibili siano compatibili con la professionalità del lavoratore, in quanto lo stesso possiede le competenze richieste ovvero ha già svolto tali mansioni;
  • che il repêchage non imponga al datore l’obbligo di formare il dipendente;
  • che il ricollocamento non costringa il datore di lavoro a modificare l’assetto organizzativo liberamente determinato.

In applicazione dei principi descritti, la Corte di cassazione ha confermato la sentenza impugnata, valorizzando in modo particolare la circostanza per cui, secondo quanto emerso nel giudizio di merito, il lavoratore aveva già svolto, nel corso del rapporto, le mansioni, disponibili al momento del recesso, di “addetto all’esercizio settore movimento”.

L’aver già svolto tale attività, per la quale non erano necessari ulteriori specifici requisiti professionali, costituiva la dimostrazione oggettiva della compatibilità delle mansioni inferiori con la professionalità del ricorrente, con conseguente violazione dell’obbligo di repêchage da parte del datore di lavoro che non aveva proposto al lavoratore, in seguito licenziato, tale posizione lavorativa.