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Sentenze

21 Ottobre 2025 – Il termine per la revoca del licenziamento da parte del datore di lavoro decorre dalla comunicazione del lavoratore dell’ impugnazione

Il termine per la revoca del licenziamento da parte del datore di lavoro decorre dalla comunicazione del lavoratore dell’ impugnazione

Con la sentenza n. 26954 del 7 ottobre 2025 la Cassazione ha chiarito che il termine di 15 giorni per la revoca del licenziamento di cui all’art. 5 L. n. 23/2015 decorre, come letteralmente ivi previsto, dalla comunicazione dell’impugnazione, senza alcuna eccezione e senza che assumano rilievo i motivi per i quali il lavoratore ne contesta la legittimità, né la conoscibilità o la consapevolezza da parte del datore di lavoro dei vizi o profili di invalidità del recesso intimato.

La Corte di merito, invece, aveva ritenuto che ove il motivo di invalidità del licenziamento non attenga alle ragioni per le quali il licenziamento è stato intimato (nella fattispecie si trattava dello stato di gravidanza rispetto ad un licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo), il termine di 15 giorni per esercitare il diritto di revoca decorre solamente con l’atto di impugnazione del lavoratore che renda noto il profilo di invalidità.

Di conseguenza aveva ritenuto tempestiva la revoca del licenziamento intervenuta oltre i 15 giorni da una prima generica impugnazione, considerando quale dies a quo del termine perentorio il successivo invio (da parte della lavoratrice) del certificato medico.

La Suprema Corte ha riformato tale pronuncia muovendo dalla natura di diritto potestativo della revoca, che non necessita di accettazione del lavoratore, e dal carattere eccezionale dello ius poenitendi riconosciuto al datore di lavoro, con conseguente inapplicabilità dell’art. 5 L. n. 23/2015 oltre il caso specifico delineato dal tenore lessicale della norma; inoltre, la Cassazione ha sottolineato l’insussistenza di un obbligo della gestante di denunciare la propria condizione, potendo ciò comportare una disparità di trattamento tra generi.

Sulla base di tali considerazioni la Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: anche in caso di lavoratrice in gravidanza, il diritto potestativo di revoca del licenziamento dettato dall’art. 5 della legge n. 23 del 2015 decorre sempre dalla data di impugnazione del licenziamento medesimo (pur se tale impugnazione non denunci lo stato di gravidanza); il termine perentorio di 15 giorni per l’esercizio di tale diritto di revoca non è suscettibile di interruzione o sospensione alcuna a seguito di successiva produzione di documentazione concernente lo stato di gravidanza.