Sentenze in Sintesi
La Cassazione sul lavoro agile come “accomodamento ragionevole” per il lavoratore con disabilità.
La recente sentenza n. 605 del 10 gennaio 2025 della Suprema Corte è di particolare interesse perché espressione dell’orientamento di maggiore tutela nei confronti del lavoratore disabile, anche in fattispecie antecedente le recenti modifiche normative introdotte con il d.lgs. 62/2024 che hanno codificato il cd. accomodamento ragionevole.
Già ai sensi dell’art. 3 d.lgs. 216/2003, infatti, i datori di lavoro, al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità, sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli per garantire alle persone con disabilità la piena eguaglianza con gli altri lavoratori.
In applicazione di tale previsione la Corte di Appello aveva ordinato al datore di lavoro l’assegnazione del lavoratore disabile alla sede aziendale dove si trovava la sua residenza per ivi svolgere l’attività lavorativa, da remoto o in regime di lavoro agile (cd. smart working).
La Suprema Corte conferma la decisione di merito, muovendo dalla speciale distribuzione dell’onere probatorio nel diritto antidiscriminatorio; regime che prevede un’agevolazione del regime probatorio in favore del lavoratore su cui incombe l’onere di dimostrare il fattore di rischio e il trattamento che assume meno favorevole rispetto a quello riservato a soggetti in condizioni analoghe, mentre il datore di lavoro deve provare circostanze inequivoche, idonee ad escludere la natura discriminatoria della misura contestata.
In conformità a tale regime probatorio, secondo la Cassazione, è stata correttamente verificata, da un lato, l’effettiva praticabilità di ragionevoli accomodamenti, per rendere concretamente compatibile il lavoro con le limitazioni funzionali del lavoratore disabile, e, dall’altro, che il datore di lavoro non si trovasse in una situazione di impossibilità di adottare i suddetti accomodamenti organizzativi ragionevoli.
In particolare, il ragionevole accomodamento organizzativo, ritenuto privo di oneri finanziari sproporzionati e idoneo a contemperare l’interesse del disabile a un lavoro confacente alla sua condizione psico-fisica con quello del datore a garantirsi una prestazione lavorativa utile, è stato individuato nel lavoro agile (cd. smart working), già utilizzata nel periodo pandemico.
La Cassazione ha così riconosciuto il diritto del lavoratore disabile allo smart working non ritenendo ostative le previsioni della l. 81/2017 che richiedono la sottoscrizione di un accordo individuale per il lavoro agile e prevedono la facoltà di recesso di entrambe le parti in caso di accordi a tempo indeterminato.
In mancanza di accordi tali da addivenire ad un ragionevole accomodamento, la Suprema Corte rileva che gli accomodamenti ragionevoli ben possono esser individuati nel caso concreto dal giudice di merito.
Ciò anche tenuto conto dell’evoluzione normativa di cui all’art. 17 d.lgs. 62/2024 che prevede l’onere di interlocuzione e la procedimentalizzazione della facoltà del lavoratore con disabilità di richiedere l’adozione di un accomodamento ragionevole, con conseguente diritto di partecipare alla sua individuazione; tale evoluzione riflette il carattere vincolante dell’obbligo di accomodamenti ragionevoli, la cui violazione costituisce discriminazione per violazione dei doveri imposti al fine di rimuovere gli ostacoli che impediscono al disabile di lavorare in condizioni di parità con gli altri lavoratori.